Era lì,davanti a me,con l'aria di chi volesse interrogarmi.Girai il viso infastidita dentro e indifferente fuori,ma non si spostò.Allora lo guardai,incominciando dalle scarpe:erano come le mie,di marca,sfondate dall'uso,la tuta quasi nuova,"BANG"scritto in rosso sul cuore,il viso giovane,da vecchio,gli occhi neri e ridenti,i capelli lisci e scuri.Indietro,a guardare le mani,bianche,molto bianche che si stropicciavano tra loro.Tornai al viso e sul mio stampai un accenno di sorriso ed un punto interrogativo.
Si sedette accanto a me sulla panchina e con la voce roca di un vecchio mi disse:
-Ti piace un parco?-
-Il parco!-corressi.
-Già!-fu la risposta,poi silenzio.
Mi guardai attorno,non c'era nessuno le panchine erano vuote e mi chiesi perchè fosse venuto a sedersi accanto a me.
-Volevi qualche cosa?-domandai.
-Si,parlare,raccontare,ascoltare.-
-Bene,incomincia tu. -proposi.
-Mi chiamo Tom e sono piccolo.Ho pochi anni e tutti pieni.Quando sono nato la mia mamma era vecchia e tanto bella.Non tanto vecchia dico,ma tanto bella.Abitavamo in una casa con un grande orto intorno,Alla mia mamma,bella,piacevano tanto i pomodori e l'orto ne era pieno.Quando erano maturi sembravano di plastica,belli,ma bisognava mangiarli ogni giorno,tre volte al giorno.Io odio i pomodori.-
Cercai di interromperlo,il suo racconto iniziato così da lontano mi pareva incombere sulla mia sosta,sulla mia pace,sulla mia panchina.Ma non si fermò,come se la mia voce avesse attraversato l'aria senza avvicinarsi a lui.
-La mia mamma,bella e un pò vecchia,cucinava i pomodori in una pentola di rame,grossa,scura e li mescolava con un cucchiaio di legno,lungo,e cantava.Io guardavo i pomodori bollire piano facendo le bolle e qualche volta una bolla scoppiava e mi schizzava il sangue in faccia.-
-Il sangue?-dissi.
-Si,il pomodoro.-
Un brivido improvviso e incontrollato mi attraversò per tutta la lunghezza,sinuoso come la mia spina dorsale e le mie labbra si aprirono in un sorriso di cui non ero responsabile.E il giovane lo vide e io vidi che i suoi occhi non erano più ridenti.Si erano spenti come una candela finita e mi resi conto che anche la sua voce si era consumata:era diventata un sommesso mormorio,monotono,appena cantilenante,udibile ancora ma come registrato su nastro.
Dovevo scuoterlo,scuotermi,mi sembrò una buona idea accendere una sigaretta.
-Vuoi?-
-No,grazie.La mia mamma,bella, diceva che non sapeva trovare il posto giusto per buttare la cenere e i mozziconi e quando cantava,mescolando il pomodoro,io dovevo tenere le mani vicino alla pentola di rame,così la mamma poteva usare me.-
Un capogiro mi tolse fiato ed equilibrio e mi ritrovai addosso al ragazzo.Non si mosse,attese che tornassi diritta.
Avrei voluto alzarmi,andarmene,riprendere la mia corsa,respirare la mia aria,sentire gli odori del "mio"parco ma ero agganciata a quella panchina,inchiodata a quelle assi verdi,e non sapevo che colla,che chiodi fossero.
-Perciò,proprio per questa ragione al mattino mangiavo pomodori crudi con il pane,a colazione i pomodori bolliti che facevano le bolle,alla sera i pomodori con il sale.-
Aveva ripreso il suo racconto sommessamente,su nastro e mi domandai chi,cosa,avesse schiacciato il tasto.
-Perciò,che cosa?-lo interruppi-Per quale ragione,che cosa?-
-Perchè la mia mamma,vecchia,li coltivava nell'orto che era grande e tutto pieno di pomodori maturi.-
Con movimento lento,da pendolo,si spostò e infilata una mano in tasca,la fece riemergere con un pomodoro maturo.Credo di aver sbarrato gli occhi,non so cosa mi aspettassi di vedergli in mano,nè so perchè il pomodoro mi stupì tanto:era la cosa più logica.
-Te l'ha dato la mamma?-balbettai.
-Nooooo,la mia mamma,bella,vecchia,non coltiva più i pomodori.-
-Non c'è più l'orto?-
-Si,c'è ancora ma adesso non c'è più la mamma,bella.-
Fece un sospiro e lunghe lacrime gli scesero sul viso da ragazzo,vecchio.Stavo per dirgli le solite parole d'occasione ma riprese a parlare
-Quando diventai grande,poco più grande che da piccolo,la mia mamma,bella,ogni sera mi mandava a raccogliere i pomodori,lei si stendeva sul letto,tutta coperta di veli rossi ed io le facevo una cornice tutto intorno,rossa.-
-Di pomodoro?-
-Sì.Poi una sera la mamma mi disse di mangiarla,sai,come fosse la mia cena.Io avevo già cenato ma non mi stupii,era tutta rossa!Incominciai dai piedi,poi più su,ancora più su,ancora su.La mia mamma vecchia,mi fece fermare,dovevo mangiare lì,quella era la cena.E così ogni sera.Per un pò!-
Sentivo freddo al petto,nel petto.Avrei voluto parlare,scappare,tapparmi le orecchie:rimasi immobile,respirando piano,aspettando il seguito.
-Ero stanco.Dover raccogliere pomodoro,dover mangiare pomodoro quattro volte al giorno.Ero sazio e lo dissi alla mia mamma,bella.Lei stava mescolando nella pentola e si voltò e i suoi occhi mi punsero,poi mi accarezzarono.Ero stupito da quel cambiamento,ma sorrisi per vederla sorridere.-
-E lo fece?-oramai parlavo su nastro,come lui.
-Sì.Spense la sigaretta su di me,mi prese l'altra mano e mi portò con lei.Seduti sul letto,vicini,mi spiegò che ero un ragazzo fortunato perchè avevo tanto seme,possedevo l'attrezzo adatto per seminare e avremo avuto tanti pomodori senza fare fatica,senza stare con la schiena piegata,occupando poco spazio e nell'orto avremo seminato solo fiori.Io non capivo quello che diceva ma lei mi spiegò bene,con le mani e da quella sera mi chiamò "il grande seminatore".-
Con fatica,guardandolo di sottecchi, gli domandai:-E tuo padre?Non ne hai parlato sono ad ora.-
-Non lo conosco,non l'ho mai visto.Come facevo a parlartene?-
-Già.-E riprese a parlare,forse non più con me.
-A me non piaceva seminare.La mia mamma,bella,gridava,mi gridava nelle orecchie ed io non capivo se facevo bene e poi non capivo cosa avremo mangiato,finito il raccolto di pomodori nell'orto.-
-Che cosa mangiaste,dopo?-
-Finirono i pomodori e non avevamo niente da mangiare,non potevo più fare le cornici rosse,però alla sera dovevo mangiare la mia mamma,bella,in mezzo ai veli rossi ma soprattutto seminavo,ogni giorno,tante volte al giorno.Non mi piaceva sentire le sue urla e avevo fame.Solo un pò di pane,poco.-
Avrei voluto abbracciare quel ragazzo,avrei voluto non averlo mai incontrato.
-Poi una sera-riprese-la mia mamma,vecchia,disse che avevo seminato male,che era tutta colpa mia,che avremmo dovuto sotterrare il più grosso pomodoro che avessi mai visto,che nessuno doveva saperne niente,mai,altrimenti sarebbe venuta tanta gente,le avrebbero portato via i veli rossi e a me avrebbero portato via il seme e il mio attrezzo per seminare,era tutta colpa mia.Mentre parlava la sua voce diventava sempre più forte,mi gridava sul viso ed era tutta rossa.Avevo paura,tanta.Non volevo vedere un pomodoro grandissimo.-
Smise di parlare all'improvviso.Punto.Si alzò di scatto e guardandomi bene negli occhi mi fece questa domanda,con voce diversa da prima,in diretta:
-Porti sempre una tuta azzurra?-
Senza aspettare risposta a passi lunghissimi se ne andò.Rimasi seduta ,sconvolta,sollevata dalla sua scomparsa in fondo al viale,incapace di alzarmi,di andare a casa
Quando lasciai la panchina,quando lasciai il parco era buio.Non solo il cielo.Avrei voluto raccontare a qualcuno la storia di Tom,così vecchio,così ragazzo.
Seduta sul divano mi consolavo con una tazza di caffè cercando tra i canali tv,qualche vecchio film sentimentale,quando il viso di Tom mi fu davanti.Trattenni il respiro per sentire meglio:
"Agghiacciante!Fermato per una brutale aggressione ad un uomo che spingeva un carretto di pomodori,portato in Centrale,un giovane confessa di aver bollito la madre in una pentola di rame,dopo averla tagliata a pezzi.Non fornisce nessuna spiegazione e racconta di essere l'autore dei sette delitti,inspiegabili,avvenuti in varie parti del Paese negli ultimi tre mesi.Le vittime,tutte donne,sono state accoltellate e uccise nel parco della loro città.Tutte indossavano una tuta rossa.Vi forniremo altri particolari nelle prossime edizioni."
Con una spugna stavo cercando di raccogliere dal pavimento il caffè,era tutto lì,quando alzando gli occhi,vidi stesa ad asciugare in giardino,la tuta che non avevo potuto indossare perchè ancora umida.La mia tuta rossa..