Una storia.

martedì 17 maggio 2011
Amelie e Marion,sorelle.
Quando nacque Amelie,la sua famiglia diede un'indimenticabile festa nella grande casa con le colonne di marmo rosa.Anche la ghiaia del lungo viale,costeggiato di aceri,era rosa e le comode,lucide carrozze degli ospiti,lo percorrevano in fila per fermarsi solo per far scendere elegantissimi ospiti,in abiti lussuosi.Amelie,il centro dell'attenzione,riposava in una culla bianca ricoperta di preziosi pizzi e le sue manine paffute,uscivano da sbuffi di tulle.E fiori,fiori in ogni angolo della casa,del patio,nell'enorme giardino antistante:un tripudio di colori e di profumi per festeggiare la piccola Amelie.E regali,costosissimi,recati dagli invitati che la servitù mano,mano,esponeva su di un lungo tavolo e ori,argenti finemente cesellati,facevano bella mostra di se sulla preziosa tovaglia,riccamente ricamata.
Quando nacque Marion,sua madre si contorceva,senza emettere alcun suono,sul piccolo letto non proprio dalle lenzuola pulite.La stanza era avvolta nella penombra.Due o tre candele non riuscivano a rischiararla. Un armadio,una sedia,un tavolino abbastanza sgangherato,erano gli unici mobili che sua madre era riuscita a recuperare da un rigattiere.Due lenzuola,veramente due,tre asciugamani un pò lisi,costituivano il corredo di quella ragazza che ora,aiutata da una vicina,stava partorendo in quello squallore.
Marion nacque,no,Marion venne espulsa dall'utero di sua madre, che per farlo emise un unico grido bestiale,fortissimo,inumano.E della bambina non si occupò nessuno.Piangeva,diventava tutta blu per lo sforzo di respirare ma la vicina,terrorizzata,cercava di asciugare il viso della madre,pallido,terreo.Marion,attaccata al cordone ombelicale,sulle lenzuola,ora ancora più sporche,combatteva per la vita,da sola.Quando la placenta uscì,finalmente sua madre,con le forbici la liberò.La vicina la avvolse in un asciugamano e la mise accanto alla partoriente che,esausta,si girò e si mise a dormire.
Amelie,cresciuta,giocava nella sua camera.Un esercito di bambole la circondava e lei,nel suo vestitino giallo a balze sembrava un fiore ma non sapeva quale piccola amica scegliere tra quelle ai suoi piedi e allora incominciò a strillare,non forte ma stizzosamente.Una tata arrivò subito,pronta ad aiutarla,seguita da sua madre,pronta a soddisfare qualche nuovo capriccio.
E gli anni passavano.
Marion era cresciuta.Era diventata una bella bambina nonostante il poco cibo sin lì avuto.Nonostante l'unico vestito alla volta che possedeva e poteva indossare, Marion era bella.Non era andata a scuola,non sapeva nè leggere nè scrivere.Sua madre era morta,forse di disperazione e la vicina che l'aveva vista nascere,si era occupata di lei. Dire occupata,non era esatto.L'aveva ospitata in un angolo della casa,le aveva allungato e non sempre,un piatto di qualcosa,si era fatta aiutare a fare tutto quello che non aveva voglia di fare lei.
La scuola di Amelie era meravigliosa ad iniziare dalla divisa che indossavano le allieve:una gonnellina a pieghe rosso scuro,una camicia bianca e una bellissima giacca scozzese blu,giallo,rosso scuro.Una cravattina blu,completava l'insieme.Ma erano le stoffe impiegate che erano meravigliose,cachemire e seta,naturalmente, per un trionfo di morbidezza.Come tutti gli abiti di Amelie del resto.Come tutta la sua vita,un trionfo.Bella,intelligente,istruita,col passare degli anni la vita di Amelie diventava sempre di più una favola,per lei,per la famiglia che l'amava,per i suoi amici che mai le facevano mancare il calore della loro compagnia,tra feste,balli,viaggi.
Marion,passava le giornate a lavorare nella brutta casa della vicina,vestita con degli orribili grembiuloni,spesso ereditati,che le pizzicavano la pelle ed emanavano un cattivo,indelebile,odore.
Quando ebbe 13 anni e non le era ancora nato il seno,la vicina le spiegò che era ora che provvedesse a se stessa,lì o altrove.Amelie non capiva come avrebbe potuto farlo,lì o altrove,ma le fu chiaro quando il panettiere,invece di aprire il forno alle 3 di mattina,incominciò a ritardare il suo lavoro e il pane,quasi ogni giorno, non era pronto prima delle 7.
La prima volta fu terribile.Non valsero le lacrime,i singhiozzi.le preghiere.Non ci fu pietà.Solo animalesca soddisfazione e disumano disprezzo.E da allora così,ogni notte.Certo il pane era sempre fresco in quella casa e dopo un pò si aggiunsero le verdure,il salame,persino la carne anche se di rado.Una volta anche due vestiti,uno brutto per lei,uno più bello per la signora.E la voce si sparse.Venivano a portare le loro merci,anche da lontano,da fuori.
Quando Amelie tornò dal viaggio a Parigi,corse felice a raccontare a sua madre,alla famiglia tutta,che aveva conosciuto Alfonso,una ricco ragazzo italiano,figlio di grandi imprenditori e si era innamorata!Era così felice che le brillavano gli occhi mentre parlava del suo amore e fu semplice per le due famiglie accordarsi per un matrimonio che avrebbe lasciato il segno nella buona società.
L'abito da sposa,creazione di una famosa stilista,non era un abito,era una nuvola bianca e il lungo velo accarezzava il pavimento della Chiesa,ricoperto da un folto tappeto dorato,Tutte le persone importanti che conosceva,erano lì per lei,per la sua favola d'amore.E Alfonso,ai piedi dell'altare,bello come una divinità,la stava aspettando......
Marion aprì gli occhi!La Chiesa era scomparsa,gli invitati si erano dissolti.Il suo meraviglioso abito bianco da sposa,era tornato ad essere quello che era nella realtà:una sudicia provocante sottoveste di finto raso.Alfonso,il suo bellissimo Alfonso era tornato ad essere il grasso,puzzolente,macellaio del paese vicino,ingroppato dentro di lei, che non riusciva più a respirare.
La sua favola,la sua vita da favola spazzata via dalla paura di morire soffocata sotto quel essere immondo.No! Poteva accettare tutto,forse anche la morte,perchè sino ad ora aveva vissuto dentro Amelie,la sua immaginaria sorella,la sua fortunata sorella.Ma Alfonso,no,non dovevano portarglielo via.Lui,no!Quando si trovò in mano le grosse forbici ,che aveva preso sul comodino accanto al letto,non pensò,non sentì nulla nell'anima.Sentì il rantolo del macellaio.Lo spinse fuori da sè.Accolse le lame nel cuore come si accoglie la pioggia dopo una lunga siccità.Si aprì alla morte come si apre un fiore alla luce e mentre si schiudeva,vide là in fondo,Alfonso.Le sorrideva.Anche lei sorrise.
Iscriviti a:
Post (Atom)